È il momento di essere consapevoli e responsabili
[Onde #203] La comunicazione è uno strumento di relazione, di potere, di cambiamento. E oggi, più che mai, è una responsabilità.
Incredulo, schifato e spaventato. Ultimamente mi sento sempre più spesso così vedendo quanto succede intorno a noi. Di solito mi piace tuffarmi nella scrittura della newsletter per ritagliarmi una “bolla” di serenità e di ottimismo, ma non ti nascondo che faccio sempre più fatica a mettere da parte certi pensieri. Sembrano cose lontane, ma sono più vicine di quanto possiamo immaginare.
Solo in una settimana, tra video deliranti, progetti terrificanti e scenette umilianti, abbiamo assistito a una quantità di cose da far accapponare la pelle. Tranquill* però, non partirò con una riflessione geopolitica e nemmeno mi cimenterò in un’analisi di certi video (per quelle c’è il mio amico
che è il numero 1).Con te voglio riflettere su una sorta di addizione:
Comunicazione = consapevolezza + responsabilità.
Viviamo in un’epoca in cui le parole pesano più che mai e quanto accaduto negli ultimi giorni intorno a noi lo dimostra chiaramente. Da un lato, il contesto internazionale è fragile, attraversato da tensioni politiche, conflitti, crisi ambientali e sociali che rendono ogni parola carica di significato e conseguenze. Dall’altro, mai come oggi abbiamo la possibilità di comunicare tutti, sempre, ovunque. Un post, un messaggio vocale, un commento sotto un articolo: ogni parola che pronunciamo o scriviamo ha un’eco più ampia di quanto possiamo immaginare.
Ce lo siamo detti tante volte che le parole possono costruire ponti o innalzare muri, possono avvicinare o allontanare, guarire o ferire. Penso però che sia arrivato il momento di esserne più consapevoli.
La comunicazione non è solo un mezzo per esprimere idee: è uno strumento di relazione, di potere, di cambiamento. E oggi, più che mai, è una responsabilità.
Il potere delle parole nelle relazioni personali
Ogni interazione che abbiamo è costruita sulle parole. Non importa se parliamo faccia a faccia, se scriviamo un messaggio o se usiamo il linguaggio del corpo: tutto comunica. E nelle relazioni – di amicizia, di lavoro, d’amore – le parole che scegliamo possono rafforzare un legame o sgretolarlo.
Le parole che costruiscono sono quelle che offrono ascolto, riconoscimento, empatia: raccontami, grazie, ci sono, ti capisco. Semplici, dirette, senza sovrastrutture. Sono parole che accolgono, che creano connessione. Perché in fondo, la comunicazione non è mai solo trasmissione di informazioni: è un modo per dire all’altro "tu esisti e per me sei importante".
Poi ci sono le parole che distruggono. Quelle che giudicano, che colpiscono senza lasciare scampo, che chiudono le porte del dialogo: non hai capito, fai come ti pare, è sempre la solita storia, lascia stare, non sei capace. Parole che umiliano, che riducono l’altro a un errore, che trasformano un confronto in una sentenza. Sono parole che non lasciano spazio, che annullano l’altro, che scavano solchi nelle relazioni fino a renderle irrecuperabili.
E poi ci sono le parole non dette. Un “mi dispiace” che resta sospeso, un “ti voglio bene” che non trova mai il coraggio di uscire, un “ho bisogno di te” che si trasforma in distanza. Anche il silenzio comunica. E spesso, ferisce più di qualsiasi parola sbagliata.
Il peso delle parole nella sfera pubblica
Se nelle relazioni personali le parole sono importanti, nel dibattito pubblico lo sono ancora di più. Oggi chiunque può comunicare a una platea di persone vastissime, senza mediazioni, senza filtri. I social media hanno democratizzato la comunicazione, ma hanno anche amplificato la violenza verbale, la superficialità, la tendenza a reagire prima ancora di pensare.
Basta guardare il linguaggio della politica, delle notizie, della pubblicità. Frasi a effetto, slogan che semplificano la complessità, parole usate come armi per dividere, incitare all’odio, rafforzare paure.
C’è una grande differenza tra parlare e comunicare. Parlare è un’azione meccanica, comunicare è un atto di relazione.
Eppure, sempre più spesso vediamo un uso della comunicazione che non mira a costruire, ma a distruggere:
La narrazione che alimenta divisioni invece che comprensione.
Il linguaggio dell’odio che trasforma il dissenso in attacco personale.
L’uso delle parole per manipolare e distorcere la realtà.
Le parole possono plasmare la realtà. Lo sanno bene i pubblicitari, i politici, i giornalisti. Ma lo sappiamo anche noi, ogni volta che scriviamo qualcosa che può essere letto da centinaia di persone. Siamo responsabili di quello che diciamo e di come lo diciamo.
Dalla consapevolezza alla responsabilità
Non possiamo controllare tutto, ma possiamo (e dobbiamo!) essere più consapevoli del potere delle parole. Possiamo chiederci, prima di parlare o scrivere:
Questa parola aiuta o ferisce?
Sto aprendo un dialogo o chiudendolo?
Quello che sto dicendo serve a costruire qualcosa o a distruggere?
Non si tratta di censura o di perbenismo, ma di responsabilità.
Le parole che usiamo definiscono il mondo in cui viviamo. Ogni giorno possiamo scegliere se usarle per costruire o per distruggere. Ed è una scelta che facciamo continuamente, che lo vogliamo o no.
Quello che succede intorno a noi deve servirci da monito e da incoraggiamento: in un momento storico in cui il mondo è fragile e la comunicazione è pervasiva dobbiamo scegliere con attenzione. Perché una parola può essere un ponte o un’arma: sta a noi decidere come usarla. E dobbiamo esserne consapevoli, anche se non siamo noi a indirizzare i destini del mondo, anche se non siamo creator o opinion leader con milioni di follower.
Il cambiamento positivo è qualcosa che parte sempre dal basso. Dalla quotidianità, dalle piccole azioni di ognuno di noi.
✍🏻 Corrente di parole
[Ritmo e respiro]
Dopo aver esplorato il potere dei dettagli, quei piccoli frammenti di realtà che danno vita alla pagina, è il momento di parlare di qualcosa di più sottile, qualcosa che senti ma non vedi: il ritmo delle cose parole. (Scusa, ma la canzone di Rkomi mi è rimasta impressa).
E la musica in un certo senso c’entra molto con quello di cui stiamo parlando. Hai mai notato come certe frasi sembrino scorrere naturalmente, mentre altre inciampano sulla lingua? Non è magia. È musicalità.
Ogni testo ha una sua melodia nascosta. È nel modo in cui le frasi si susseguono, ora brevi e taglienti, ora lunghe e sinuose. È nelle pause che creano uno spazio di silenzio dove il significato può respirare. È nell'alternanza di momenti di intensità e momenti di calma.
Pensa a come parli quando racconti qualcosa che ti emoziona. La tua voce naturalmente accelera nei momenti cruciali, rallenta quando vuoi sottolineare un punto importante. La tua scrittura può fare lo stesso.
Il trucco pratico
Può sembrare una banalità, ma leggi ad alta voce ciò che scrivi! A me, negli anni, è servito tantissimo. Non concentrarti sul significato, ma sul suono. Senti dove la voce rallenta, dove accelera, dove ha bisogno di prendere fiato.
Il testo scritto è fatto per essere sentito, anche quando viene letto in silenzio.
Considera queste due versioni:
"Era tardi. Dovevo andare a casa. Iniziava a piovere. Non avevo l'ombrello."
"Era tardi e dovevo andare a casa. Iniziava a piovere. Non avevo l'ombrello."
La differenza è sottilissima, ma nella seconda il ritmo respira meglio. La prima parte più lunga crea un movimento, le due brevi che seguono un cambio di passo che sottolinea il problema.
Esercizio della settimana
Prendi un paragrafo che hai scritto e gioca con la lunghezza delle frasi.
Mescola frasi lunghe e brevi, inserisci pause strategiche.
Poi leggilo ad alta voce e senti come cambia il ritmo, come il testo inizia a respirare.
Il motivo per cui amiamo così tanto le parole è che possono essere mille cose diverse. Il ritmo ci insegna che non sono solo significato: sono suono, sono respiro, sono musica.
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