La verità non basta
[Onde #213] Se tutti usano le parole giuste, la vera sfida è trovare una voce che lasci una traccia.
C’è un momento, nella comunicazione, in cui la precisione non basta più. In cui spiegare bene quello che fai non è sufficiente a farlo ricordare, né a renderlo desiderabile. Succede più spesso di quanto pensiamo: raccontiamo la verità, con parole corrette, anche sincere… eppure il messaggio si perde.
Non perché sia sbagliato, ma perché è uguale a quello di tutti gli altri.
Quando i contenuti si appiattiscono è quasi sempre perché ci siamo accontentati della superficie: abbiamo descritto, elencato, mostrato, ma senza trovare uno sguardo, un ritmo, una voce. E il risultato è che, anche se raccontiamo il nostro lavoro con onestà, finisce per sembrare uguale a mille altri.
È lì che la comunicazione smette di essere significativa.
Prendi il mondo del food, che conosco molto bene. Quante marche di pasta si vantano del loro grano italiano? Quante puntano sul pack riciclabile o la lenta essiccazione? Sono tutte descrizioni corrette, reali, in molti casi persino tecniche. Ma a forza di essere ripetute si sono svuotate. Non accendono l’immaginazione, non costruiscono nessuna differenza, non fanno venir voglia di assaggiarle più di altre.
Credo che il segreto sia imparare che non basta dire quello che fai. C'è troppa comunicazione che fa solo quello. Bisogna trovare una strada interessante e rilevante. Altrimenti diciamo tutti le stesse cose. Contate le marche di pasta che usano l'aggettivo tenace o ci raccontano la trafilatura al bronzo.
(“Sognando strategie”, Giuliano Lasta)
E questo non vale solo per il cibo. Vale per ogni racconto che si ferma al “cosa” e dimentica il “perché”, o il “come”.
In una comunicazione in cui tutti dicono le stesse cose – anche quando sono vere – la sfida, come dice Giuliano Lasta, è trovare una strada rilevante, interessante, viva.
Non per stupire a tutti i costi, ma per creare un contatto vero. Per far sentire che dietro le parole c’è una mente e una sensibilità, oltre che un’intenzione.
La domanda, quindi, non è “sto raccontando tutto quello che faccio?”
Ma è: “Lo sto raccontando in un modo che vale la pena ascoltare?”
E da lì si apre il lavoro più bello – e più difficile – di chi comunica: non dire di più, ma dire meglio. Non descrivere, ma evocare. Non convincere, ma far venire voglia di saperne di più.
La verità, da sola, non basta.
Ha bisogno di qualcuno che le dia forma e voce.
✍🏻 Corrente di parole
[L’arte della descrizione]
Quando devi descrivere un luogo, cosa vedi per primo? I dettagli architettonici? I colori dominanti? L'atmosfera generale? È una domanda più importante di quanto sembri, perché il modo in cui organizzi una descrizione determina completamente l'immagine che si forma nella mente di chi legge.
Abbiamo parlato di dettagli che raccontano storie, di verbi che danno vita alle azioni, di come gestire il tempo per creare diverse atmosfere. Ora è il momento di unire tutti questi elementi, costruendo descrizioni che non solo informano, ma creano vere e proprie immagini mentali.
Il segreto non sta nell'accumulare aggettivi o nel fornire un inventario completo di ciò che c'è in una scena. Sta nel selezionare i dettagli giusti nel giusto ordine, guidando l'occhio del lettore come farebbe un regista con la sua telecamera.
Pensa a come funziona il tuo sguardo quando entri in un ambiente nuovo. Non vedi tutto simultaneamente. Prima vieni colpit* da qualcosa di generale - la luce, l'ampiezza, il colore dominante. Poi ti concentri su particolari che catturano la tua attenzione. La descrizione efficace replica questo movimento naturale dell'osservazione.
Il trucco pratico
Prova a fare uno "zoom progressivo", come un regista.
Inizia con un'impressione generale, poi stringi gradualmente su dettagli specifici che rivelano carattere, storia, emozione. Non dire tutto quello che c'è: scegli i tre elementi che meglio trasmettono l'essenza del luogo.
Confronta questi due approcci:
"La stanza era grande, con pareti bianche, un tavolo di legno al centro, tre sedie, una libreria piena, una finestra che dava sul giardino e un tappeto rosso".
Oppure:
"L'aria sapeva di carta vecchia. La libreria occupava l'intera parete, straripante di volumi che sembravano sul punto di crollare. Al centro, un tavolo di legno consumato e macchiato dai cerchi delle tazze di caffè".
Nel secondo caso, non stiamo solo guardando una stanza, stiamo entrando in un mondo, capendo chi ci vive, immaginando le storie che quelle pareti hanno visto.
Esercizio della settimana
Scegli un luogo che conosci bene.
Descrivilo utilizzando solo tre elementi, ma fai in modo che questi tre dettagli rivelino tutto il carattere del posto.
Non dire che tipo di luogo è, dovrà capirsi dalla descrizione.
Perché la chiave non sta nel dire tutto, ma nel dire giusto.
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💡I link della settimana
💻 Lavorare - 3 cose da sapere sulla voce del brand. Non è solo “come parli”, ma anche chi sei mentre lo fai. Una lettura agile ma piena di spunti per chi vuole dare (o ridare) personalità alla propria comunicazione.
📱 Social - Social media e autenticità: un equilibrio possibile? L’AI ci aiuta a creare contenuti, ma come si fa a restare autentici? Quest’articolo di HubSpot cerca il punto d’incontro tra automazione e personalità.
🛠️ Il tool - Pillowtalk. Hai mai pensato a un diario vocale dove parli a ruota libera e l’AI ti aiuta a riflettere meglio su quello che dici? Pillowtalk è un esperimento curioso: registri, ti ascolti, e scopri cosa ti passa davvero per la testa.
📚 Leggere - Con le parole si fanno i miracoli. Un libro che non ti insegna solo a “vendere con le parole”, ma ti ricorda che la scrittura può emozionare, smuovere, far pensare. Ottimo per ritrovare ispirazione (o un po’ di meraviglia).
🎧 Ascoltare e ✍🏻 Scrivere - Klara. Un podcast tutto dedicato alla scrittura chiara. Per chi ama le parole, ma odia i giri di parole. Si ascolta volentieri, si impara molto e ti fa venire voglia di riscrivere quella pagina troppo contorta.
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Suggerimento meraviglioso Simone!