E se nessuno ti leggesse?
[Onde #223] Quando smetti di contare, cominci ad ascoltare e comunicare davvero.
Ma tu quanti iscritti hai? E una domanda che ricevo spesso e con altrettanta frequenza è seguita da un dimesso “eh… Io ne ho solo X”, con quel solo che già contiene tutta l’auto-svalutazione del mondo. Come se il numero - qualunque esso sia - fosse la misura del valore di quello che facciamo. Come se 100, 500, 1000 fossero sentenze sulla bontà del lavoro invece che semplici dati.
A furia di vivere quella situazione, ho avuto una sensazione strana. Non per la domanda in sé, quella è legittima. Ma per l’ansia che c’è dietro. Per quel bisogno di validazione esterna che ormai ci portiamo addosso come un peso.
E allora ho iniziato a pensare a quanto è cambiato il panorama della comunicazione negli ultimi anni. Oggi chiunque scrive per qualcuno. C’è chi parla a 50.000 persone e chi a 50. Profili che generano business importanti e profili che esistono solo perché a qualcuno va di condividere quello che pensa. Il “pubblico” si è frantumato in mille rivoli, ognuno con la sua nicchia, spesso piccola e specifica.
Ed è giusto che sia così.
Onorare anche un solo lettore o una lettrice è già un grande atto di cura. Comunicare per 12 persone che ti seguono davvero non è “fallire”, è semplicemente aver trovato le tue 12 persone.
Ma poi, mentre continuavo a pensarci, è arrivata e ha bussato un’altra domanda. Una di quelle che ti fanno fermare più di un attimo. E se davvero nessuno ti leggesse?
Non 50, non 12, non 2. Zero.
Cosa cambierebbe in quello che comunichi? Diresti ancora le stesse cose, con lo stesso tono, sugli stessi temi? Pubblicheresti ancora quei contenuti o finalmente ti permetteresti di affrontare quelli che hai sempre evitato perché “troppo personali” o “poco strategici”? Useresti ancora quel linguaggio o proveresti qualcosa di più rischioso, più tuo?
È una domanda che può mettere a disagio, lo ammetto. Perché se la risposta è “cambierei tutto”, allora forse il problema non è il pubblico. Forse è che a un certo punto hai iniziato a comunicare per piacere a chi ti segue invece che per capire cosa pensi davvero. Hai iniziato a ottimizzare per l’algoritmo invece che per l’onestà. A creare per le metriche invece che per le persone.
Non sto dicendo che dobbiamo ignorare chi ci legge, ci mancherebbe. Ma forse dovremmo chiederci più spesso: se domani azzerassimo tutti i contatori, se nessuno vedesse quello che pubblichiamo, continueremmo a farlo nello stesso modo? Con lo stesso format? Con la stessa voce?
Il paradosso è che probabilmente comunicare come se nessuno ti leggesse è il modo migliore per essere letto davvero. Perché è lì che viene fuori l’autenticità, quella cosa che fa la differenza tra un contenuto che ferma lo scroll e uno che passa inosservato. Tra una voce che riconosci immediatamente e una che suona come tutte le altre.
Quindi forse la domanda vera non è “quante persone ti leggono?”, ma “per chi stai davvero scrivendo?”.
🎶 Chi sei quando nessuno ti vede, canterebbe Willie Peyote.
🌊 L’Onda giusta
La comunicazione è fatica, molta fatica. Per fortuna, oserei dire. E quindi più sei autentic*, come ho scritto prima, più devi essere capace di ascoltare davvero. Perché l’autenticità senza ascolto diventa solo monologo mascherato da comunicazione.
Sul tema, la cosa più interessante che ho letto questa settimana l’ha scritta Paolina Consiglieri su LinkedIn. In un mercato dove tutti sgomitano per il proprio posto al sole, si perde di vista l’aspetto più importante della comunicazione, cioè le persone. Non si tratta solo di trucchi virali o di partnership che non stanno in piedi. Si tratta di capire davvero cosa desiderano e di cosa hanno bisogno le persone a cui ti rivolgi per sentirsi comprese.
👉🏻 [Qui puoi leggere tutta la riflessione di Paolina]
Dopo una pausa “forzata”, nel senso che non riesco sempre a star dietro a tutto, riprendo a pubblicare con regolarità anche nel gruppo della newsletter.
L’ho trascurato un po’, ma è arrivato il momento di tornare a coltivarlo.
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💡 I link della settimana
💻 Lavorare - I benefici dello storytelling per le aziende. Perché non si tratta di raccontare una storia qualsiasi, ma costruire un sistema narrativo strategico che diventa la bussola di tutta la comunicazione. Quello che manca a tante aziende che poi si lamentano di non emergere.
📱 Social - Perché il Video Marketing è fondamentale per la tua strategia social. Se lavori con i video o pensi di iniziare, qui dentro trovi parecchia carne al fuoco: formati brevi, contenuti generati dagli utenti, ottimizzazione per i motori di ricerca.
🛠️ Il tool - Skipper. Se hai sempre 47mila schede aperte nel browser, questo strumento salva e chiude automaticamente quelle che non usi e le organizza in sessioni tematiche. Pensato per chi ha un cervello che va in mille direzioni contemporaneamente.
📚 Leggere - Reverse brand identity. Invece di partire da logo e payoff, Valerio Cusinato ti dice di guardare cosa cercano davvero le persone su Google quando pensano al tuo settore. Da lì costruisci il posizionamento del brand, non dall’ufficio marketing ma da come ragiona chi deve comprare.
✍🏻 Scrivere - Elevator pitch: cos’è, come scriverlo e come esporlo con successo. Come presentarti in trenta secondi facendo capire chi sei, cosa risolvi e perché sei diverso. Un esercizio di chiarezza che serve anche se non ti presenti mai in ascensore.
🎧 Ascoltare - Slowly. Un podcast settimanale di Slow News che parla di una cosa alla volta, ma con il tempo che ci vuole. È il contrario dello scroll infinito: qui ti fermi e ascolti davvero.
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“se scrivessimo solo previa certezza di essere letti… probabilmente non scriverebbe nessuno.”
il consiglio più prezioso che abbia mai ricevuto.
grazie della riflessione, Simone!
Ciao Simone, leggo la tua newsletter (da abbonata) mentre torno a Milano in treno. Negli ultimi giorni non ho avuto modo di controllare tutte le mail nell'inbox e per un caso incredibile ho recuperato la tua proprio mentre mi interrogavo sul tema che hai trattato nel tuo articolo. Mi interessa di più il numero degli iscritti e la crescita di quel numerino che controllo per vedere se ha senso quello che sto facendo e se la mia voce è una voce o il motivo per cui mi sono messa a scrivere una newsletter e ho preso a cuore un tema a su cui io stessa, da lettrice, dedico la mia attenzione e il mio tempo? Mi spiego meglio. Sono una donna di 50 anni che ad un certo punto si è scoperta ad osservare un mondo in cui le donne della sua età sembrano abitare una realtà nella quale tra ageismo e skincare per la longevità e l'eterna giovinezza, pare ci si sia completamente dimenticati di quel catalogo di meraviglie che l'esperienza può regalare. Ed è lì che ho deciso di scrivere, per le donne come me, per quelle più giovani di me e che spero un giorno si troveranno a vivere i loro anta libere dal peso degli stereotipi ma anche per gli uomini, soprattutto quelli che parlando delle donne pensano che "giovane (è sempre e comunque) meglio". Ci tengo a dirti che dopo aver letto le tue parole, ho riacquistato un po' di fiducia. Non importa se a leggermi sono 5 persone o 500, mi importa aver avuto il coraggio e la voglia di cercare e condividere parole che per me hanno un senso e che risuonano per chi sceglie di dedicarmi del tempoi. È un atto di cura il mio, è anche uno strumento di auto-cura ma soprattutto è una scelta di libertà e di autenticità perché se il mondo mi vuole sempre giovane, sempre tonica, sempre performante, forse - e dico forse - posso provare a raccontare una storia diversa, da una prospettiva diversa e, magari, con un finale diverso. Un caro saluto